Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  della  Regione  Emilia
Romagna, in persona del Presidente  della  Giunta  regionale,  legale
rappresentante  pro  tempore,  sig.  Vasco  Errani,  autorizzato  con
deliberazione della Giunta regionale progr. n.  1092  del  14  luglio
2014 (doc. 1), rappresentata e difesa per mandato speciale a  margine
dal prof. avv. Giandomenico Falcon (c.f. FLC GDM  45C06  L736E),  dal
prof.  avv.  Franco  Mastragostino  (c.f.  MST  FNC  47E07  A059Q)  e
dall'avv. Luigi Manzi (c.f. MNZ LGU  34E15  H501Y;  fax:  06/3211370;
PEC: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org) ed elettivamente  domiciliata
presso lo Studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5; 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri  in  persona  del
Presidente in carica; 
    con notifica anche: 
        alla Corte dei conti, Procura regionale per l'Emilia  Romagna
- Bologna, in persona del Procuratore Regionale; 
        alla   Corte   dei   conti,   Sezione   di   controllo    per
l'Emilia-Romagna - Bologna, in persona del suo Presidente; 
    Per la dichiarazione: 
        1) che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente  della
Sezione di controllo della Corte dei conti di Bologna, di trasmettere
alla  Procura  regionale  della  Corte  dei  conti  di   Bologna   la
deliberazione  n.  249/2013,  lesiva  dell'autonomia  del   Consiglio
regionale  e  in  quanto  tale  annullata  da  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale con la sentenza n. 130 del  15  maggio  2014,  e  cio'
nonostante  presa  in  considerazione  dalla  Procura   regionale   a
fondamento documentale della propria iniziativa; 
        2) che non spetta allo Stato, e per esso alla Procura  presso
la  Sezione  giurisdizionale  regionale  della  Corte  dei  conti  di
Bologna,  di  procedere  alle  attivita'  prodromiche   all'esercizio
dell'azione  di  responsabilita'  erariale,  inviando  corrispondenti
Contestazioni di responsabilita' e inviti a dedurre ai capigruppo del
Consiglio ed a singoli  consiglieri,  a  seguito  della  trasmissione
delle predette delibere, illegittimamente assunte e poi annullate  da
codesta  Corte  costituzionale  con  la  sopra  citata  sentenza   n.
130/2014, e cio' nonostante prese  in  considerazione  dalla  Procura
regionale a fondamento documentale della propria iniziativa; 
        3) che non  spetta  allo  Stato,  e  per  esso  alla  Procura
regionale della Corte dei conti di Bologna, il potere  di  procedere,
in relazione alle spese dei gruppi consiliari relative  all'esercizio
2012,  sulla  base  dell'illegittimo  atto  di   controllo,   ad   un
generalizzato sindacato sulla  «inerenza  al  mandato  istituzionale»
delle spese dei gruppi, rivolto ad accertare in via  sistematica  «la
destinazione, il contenuto, e le modalita', della  utilizzazione  dei
contributi a carico del bilancio regionale destinati al funzionamento
e  alle  attivita'  dei  singoli  gruppi  consiliari»,  sovrapponendo
autonomi  e  differenti  apprezzamenti  alle  valutazioni  di  merito
riservate agli  organi  regionali,  cosi'  protraendo  la  precedente
illegittima azione di controllo e fuoriuscendo dai legittimi  confini
del sindacato giurisdizionale; 
        4) che non  spetta  allo  Stato,  e  per  esso  alla  Procura
regionale della Corte dei conti di Bologna, il potere  di  «invitare»
direttamente la Presidente dell'Assemblea Legislativa a provvedere al
recupero amministrativo di somme irritualmente ed unilateralmente  da
essa Procura ritenute non inerenti al mandato istituzionale; 
    nonche' per il conseguente annullamento: 
        quanto al punto 1), della nota del Presidente  della  Sezione
di Controllo prot. n. 0003660 del 10 luglio  2013  (doc.  n.  2),  di
comunicazione/trasmissione alla Procura  regionale  della  Corte  dei
conti della deliberazione della Sezione di controllo 249/2013/FRG del
10 luglio 2013 e degli elenchi allegati recanti le spese rendicontate
dai Gruppi consiliari relative all'esercizio 2012,  dichiarate  tutte
irregolari (doc. n. 3); 
        quanto  ai  punti   2)   e   3),   delle   Contestazioni   di
responsabilita' ed invito a dedurre inviate  ai  Capigruppo,  nonche'
congiuntamente ai Capigruppo e a  singoli  consiglieri  regionali,  e
segnatamente delle seguenti, datate 5 giugno 2014 e successive (docc.
dal n. 4 al n. 17 compreso): 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Villani Luigi Giuseppe, nella sua qualita' di Presidente
e Consigliere del gruppo assembleare il «Popolo delle Liberta'»; 
          Contestazione di responsabilita' e  invito  a  dedurre  nei
confronti di Sconciaforni Roberto, nella sua qualita' di Presidente e
di Consigliere del gruppo assembleare «Federazione della Sinistra»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Barbati Liana, nella sua qualita'  di  Presidente  e  di
Consigliere del gruppo assembleare «Italia dei Valori»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Naldi Gian Guido, nella sua qualita' di Presidente e  di
Consigliere del gruppo assembleare «SEL VERDI»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari Marco, nella sua  qualita'  di  Presidente  e  di
consigliere del gruppo assembleare «Partito Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Noe' Silvia  nella  sua  qualita'  di  Presidente  e  di
Consigliere del gruppo assembleare UDC; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari Marco e Alessandrini  Tiziano,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Partito Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari  Marco  e  Bonaccini  Stefano,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Partito Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari Marco e Carini Marco, nelle  rispettive  qualita'
di Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare  «Partito
Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari Marco e Casadei Thomas, nelle rispettive qualita'
di Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare  «Partito
Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di  Monari  Marco  e  Ferrari  Gabriele,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Partito Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di Monari  Marco  e  Montanari  Roberto,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Partito Democratico»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti di  Barbati  Liana  e  Grillini  Franco,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Italia dei Valori»; 
          Contestazione di responsabilita' ed invito  a  dedurre  nei
confronti  di  Barbati  Liana  e  Mandini  Sandro,  nelle  rispettive
qualita' di  Presidente  e  di  Consigliere  del  gruppo  assembleare
«Italia dei Valori»; 
nonche' ogni altra contestazione e invito a dedurre eventualmente  in
corso di notifica, di pari contenuto; 
        quanto al punto 4),  della  nota  del  Procuratore  Regionale
presso la Sezione Giurisdizionale della  Corte  dei  conti  datata  9
luglio 2014, n. 5190  (doc.  n.  18),  con  la  quale  si  invita  la
Presidente  dell'Assemblea  Legislativa  a  provvedere  al   recupero
amministrativo delle somme ritenute irregolari per  asserito  difetto
di inerenza al mandato istituzionale, riferite ai  consiglieri  Palma
Costi, Monica Donini e Giuseppe Paruolo. 
    Ad   avviso   della   ricorrente   Regione   Emilia-Romagna,    i
comportamenti  sopra  descritti  e  tradottisi  negli  atti  indicati
costituiscono   lesione   dell'autonomia    e    delle    prerogative
costituzionali  dell'Assemblea  legislativa,  quali   garantite   dal
complesso delle regole e dei principi di  cui  agli  artt.100,  comma
secondo, 103 comma secondo, 114 comma secondo, 117 e 123 Cost. e, per
quanto riguarda specificamente il  Consiglio  regionale,  agli  artt.
121, primo e secondo comma e 122 quarto comma, Cost. per le  seguenti
ragioni di fatto e di diritto. 
 
                                Fatto 
 
    Con la sentenza n. 130 del 15 maggio 2014, codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale  ha  annullato  le  deliberazioni  della  Sezione   di
controllo della  Corte  dei  conti  per  la  Regione  Emilia  Romagna
inerenti ai rendiconti dei Gruppi Consiliari  per  l'esercizio  2012.
Tale sentenza ha confermato che il controllo da parte  delle  Sezioni
regionali di controllo  della  Corte  dei  conti,  con  le  modalita'
previste d.l. n. 174/2012, opera soltanto a partire dal  2013,  sulla
base delle Linee guida definite in sede di Conferenza  Stato-Regioni,
ed ha ribadito che tale controllo  e'  di  natura  documentale,  «non
potendo addentrarsi nel merito  delle  scelte  discrezionali  rimesse
all'autonomia  politica   dei   Gruppi   nei   limiti   del   mandato
istituzionale (sent. Corte cost. n. 39/2014)». 
    Cio' nonostante -  sulla  base  della  comunicazione/trasmissione
all'Ufficio Inquirente in data 10 luglio 2013 da parte della  Sezione
regionale di controllo della deliberazione n. 249/2013 del 10  luglio
2013, recante la dichiarazione di irregolarita'  dei  rendiconti  dei
Gruppi consiliari,  nonche'  degli  elenchi  delle  spese  dichiarate
irregolari,  comunicazione  che  non  puo'  non  considerarsi   quale
elemento  fondante  e  qualificante,   per   la   sua   specificita',
dell'iniziativa dell'Ufficio Inquirente (pur  asseritamente  ascritta
anche a generiche notizie di stampa  e  ad  un  altrettanto  generico
esposto presentato da soggetti privati) -  il  Procuratore  regionale
presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha avviato le
molteplici contestazioni di responsabilita' ed inviti a  dedurre,  di
cui in epigrafe. In tali inviti a dedurre,  come  si  avra'  modo  di
evidenziare in diritto, manca  qualsivoglia  specifica  contestazione
sulle spese che - a detta della Procura -  sarebbero  irregolari  per
mancata inerenza ai  fini  istituzionali  e/o  per  la  loro  carente
documentazione. 
    In particolare, sarebbero «illecite, giuridicamente illogiche  ed
economicamente irrazionali, perche' eccedenti i  limiti  del  mandato
istituzionale,  attribuito  dall'Ordinamento  regionale   ai   Gruppi
consiliari», una pluralita' di spese, distinte per voci (taxi,  auto,
autostrada, treno, pasti, alberghi, ecc),  indicate  genericamente  e
altrimenti  non  meglio  specificate,   ritenute   ascrivibili   alla
responsabilita' dei Capigruppo e dei singoli consiglieri, per di piu'
con un eclatante ribaltamento ed inversione dell'onere  della  prova,
allorche' viene sottolineato che «non sussiste  -  allo  stato  degli
atti -  alcun  indice  probatorio  di  inerenza  agli  scopi  e  agli
obiettivi che di tali contributi costituiscono la causa,  trattandosi
di  spese  che,  per  la  loro  natura  e/o  per  la   loro   carente
documentazione, sono palesemente prive di qualsiasi giustificazione e
collegamento con l'attivita' istituzionale del Gruppo». 
    In verita', si tratta di spese, di  cui  ai  rendiconti  relativi
all'esercizio 2012, che hanno ottenuto l'approvazione dell'Ufficio di
Presidenza in quanto ritenute regolari, sulla base del controllo  del
Comitato tecnico costituito  da  revisori  ufficiali  dei  conti,  ai
quali, ai sensi della Legge regionale a quel momento vigente (l.r. n.
32/1997) competeva proprio di verificare «che i contributi  assegnati
ai Gruppi non siano devoluti a fini diversi dal funzionamento e dalla
attivita' istituzionale dei Gruppi stessi,  secondo  le  nonne  dello
Statuto, del Regolamento  interno  del  Consiglio  e  della  presente
legge» (art. 1, comma  5  l.r.  n.  32/1997)  e  che  la  Sezione  di
Controllo della Corte dei conti, sulla base delle deliberazioni sopra
richiamate, annullate da codesta ecc.ma Corte, ha inteso assoggettare
anche al suo controllo, pretendendo per di  piu'  l'assolvimento,  in
via istruttoria,  da  parte  degli  organi  e  uffici  dell'Assemblea
Legislativa  di  un  ruolo  collaborativo  (nella  presentazione   di
documentazione giustificativa), che non c'e' stato, proprio  a  causa
della illegittimita' e lesivita' del suddetto  controllo  (e  cio'  a
prescindere dalla circostanza che la Procura  Regionale  dispone,  al
contrario degli interessati, di tutta la documentazione, ivi compresi
i  giustificativi  di  spesa,  gia'  in  possesso  della  Sezione  di
controllo, che a sua volta li  aveva  ottenuti  dalla  Procura  della
Repubblica. Quest'ultima, infatti, tramite la Guardia  di  Finanza  e
nell'ambito  di  una  pretesa  indagine   conoscitiva   ha   disposto
l'acquisizione, in originale,  della  predetta  documentazione  nella
disponibilita' dei vari Gruppi  consiliari,  lasciandone  gli  stessi
sprovvisti). Da cui - da  parte  della  Sezione  di  controllo  -  la
conclusiva  declaratoria  di  irregolarita'  di  tutti  i  rendiconti
relativi all'esercizio 2012, sul presupposto della mancata produzione
della documentazione richiesta  e/o  comunque  dell'asserito  impiego
delle risorse a fini diversi  dal  funzionamento  e  dalla  attivita'
istituzionale dei Gruppi (Delib. n. 249/2013). 
    Le stesse spese automaticamente trasposte e ritenute  irregolari,
in base a queste stesse  ragioni,  dal  Procuratore  regionale  nelle
contestazioni di responsabilita' ed  inviti  a  dedurre,  di  cui  in
epigrafe. 
    Inoltre, con informativa prot.  005190  del  9  luglio  2014,  il
Procuratore regionale, sempre con  riferimento  alle  spese  inerenti
all'esercizio  2012,  ha  ritenuto   di   informare   la   Presidente
dell'Assemblea  legislativa  che  nella  disamina   delle   posizioni
soggettive,  sarebbero  state   riscontrate   alcune   irregolarita',
invitandola, in considerazione della esiguita' degli importi  «per  i
quali e' palese la diseconomicita' di qualsiasi iniziativa di  natura
processuale»,  al  «recupero  amministrativo  delle  somme  risultate
irregolari per difetto di inerenza al mandato istituzionale». 
    Appare anche in tal caso  piu'  che  evidente  che  gli  elementi
fondanti le riscontrate irregolarita' sono gli  stessi  che  emergono
dalle delibere della  Sezione  di  controllo,  annullate  da  codesta
ecc.ma Corte; delibere dirette a sindacare, nel merito e  in  termini
del  tutto  illegittimi,  l'inerenza  di  singole  spese  al  mandato
istituzionale. Basti considerare, unicamente al fine  di  dare  conto
del carattere abnorme della contestazione, che fra gli importi che la
Presidente  dovrebbe  recuperare,  appaiono  le  spese   di   viaggio
sostenute  da  una  Consigliera  regionale  per  partecipare,   quale
relatore, ad un Convegno tenutosi a Brescia nel  2012  sul  tema  «Le
donne  e  il  lavoro  delle  donne»  oppure  la  somma  di   € 32,09,
riguardante il canone annuo corrisposto da  un  Gruppo  consiliare  a
Unicredit per la carta di credito di servizio di altro consigliere. 
    Le sopra richiamate contestazioni ed inviti a dedurre, nonche' la
informativa e  richiesta  di  recupero  amministrativo,  quest'ultima
neppure catalogabile tra gli atti espressivi del potere di  controllo
(che per il 2012 in ogni caso non spettava alla Corte  dei  conti)  e
tanto meno tra quelli espressivi del potere di cui e' dotato l'Organo
inquirente, ma neppure di quello Giurisdizionale cui esso si correla,
sono  palesemente  e  gravemente  lesivi   dell'autonomia   e   delle
prerogative costituzionali  dell'Assemblea  legislativa  e  dei  suoi
componenti, per i seguenti motivi di: 
 
                               Diritto 
 
    Premessa sull'ammissibilita' del presente conflitto in  relazione
alle Contestazioni di responsabilita' e  inviti  a  dedurre,  nonche'
alla nota del Procuratore regionale del 9 luglio 2014. 
    Il presente conflitto  riguarda  atti  diversi,  unificati  dalla
comunanza  della  contestazione  e  dall'unita'  della  lesione  alla
autonomia costituzionale della Regione Emilia  Romagna  e  della  sua
Assemblea Legislativa. 
    Precisamente,   si   tratta   di   un   atto   di    trasmissione
dell'illegittima delibera  della  Sezione  di  controllo,  rivolto  a
sollecitare  l'uso  di  tale  delibera   ai   fini   dell'azione   di
responsabilita', e di  un  «invito»  al  recupero  di  somme  in  via
amministrativa che, come si illustrera', ad avviso  della  ricorrente
Regione e' del tutto abnorme e non  corrisponde  ad  alcuna  funzione
legalmente riconosciuta. 
    Ci si riferisce, in primo luogo, ad un insieme  di  Contestazioni
di responsabilita' e inviti  a  dedurre,  cioe'  di  atti  prodromici
all'esercizio, da parte  della  Procura  regionale  della  Corte  dei
conti, dell'azione  di  responsabilita':  in  altre  parole  di  atti
connessi all'esercizio della funzione giurisdizionale. 
    Per questa ragione,  la  Regione  ritiene  opportuno  soffermarsi
preliminarmente sull'ammissibilita' del  presente  conflitto  avverso
tali atti. 
    La Regione ricorrente non intende contestare l'astratta esistenza
in capo alla Corte dei conti  della  giurisdizione  sulle  spese  dei
Consigli  regionali  e  dei   loro   Gruppi   consiliari:   essa   e'
pacificamente riconosciuta gia' da risalente giurisprudenza di questa
ecc.ma Corte, sia pure con  qualche  eccezione  significativa,  della
quale pure si dira' il senso. E neppure intende lamentare il  cattivo
uso di tale potere, come verosimilmente non  mancheranno  di  fare  i
consiglieri   regionali   interessati,    nelle    competenti    sedi
giurisdizionali della Corte dei conti. 
    La Regione ritiene invece di essere legittimata  a  ricorrere  in
difesa  delle  proprie  attribuzioni,  lese  da  atti  della  Procura
regionale, che sotto diversi profili eccedono  dalle  sue  competenze
istituzionali  e  costituiscono  anche  disapplicazione  della  legge
regionale n. 32/1997, recante la disciplina sul finanziamento e sulla
rendicontazione  dei  Gruppi  consiliari,  vigente  all'epoca   della
redazione dei rendiconti  degli  stessi  Gruppi  consiliari  relativi
all'esercizio 2012. 
    La Regione sa bene che in una  decisione  ormai  lontana  codesta
ecc,ma Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso per conflitto  di
attribuzione sollevato dalla Regione Veneto contro alcuni  «inviti  a
dedurre» indirizzati  a  consiglieri  ed  ex  consiglieri  regionali,
ritenendoli atti non invasivi, dato che  «il  Procuratore  regionale,
attraverso  l'invito  a  dedurre,  lungi   dall'esprimere   qualsiasi
funzione valutativa  avente  per  effetto  l'applicazione  ovvero  la
disapplicazione della legge, si  limita,  nel  quadro  dei  delineati
rapporti fra l'invito  medesimo  e  l'azione  di  responsabilita',  a
prospettare una sua interpretazione nel contesto  di  una  iniziativa
non idonea di per se' a ledere  le  attribuzioni  regionali,  proprio
perche' destinata a restare circoscritta per il momento  al  rapporto
con i  presunti  responsabili,  essendo,  invece,  rimessa  all'esito
finale dell'istruttoria  ogni  conclusiva  determinazione  in  ordine
all'eventuale instaurazione del giudizio» (sent. n. 163/1997). 
    Questa  giurisprudenza  risalente  non   sembra   pero'   opporsi
all'ammissibilita' del conflitto, perche' nello specifico caso che ha
provocato il presente ricorso l'invito a dedurre appare sfruttato per
riproporre in sede giurisdizionale quell'attivita' di  controllo  che
la Sezione regionale della  Corte  dei  conti  aveva  gia'  condotto,
incappando pero' nelle censure pronunciate dalla  sent.  130/2014.  A
prescindere percio' dalla natura dell'istituto dell'invito a dedurre,
che all'epoca a cui risale la cit. sent. n.  163/1997,  rappresentava
«una delle peculiari  innovazioni  della  piu'  recente  riforma  del
processo contabile», la Regione Emilia  Romagna  ritiene  che,  nelle
concrete  circostanze  della  presente  controversia,  il   suo   uso
costituisca prosecuzione ed attualizzazione  dell'illegittima  azione
di controllo gia' intrapresa e  censurata  da  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale. In altre parole, le «Contestazioni di responsabilita'
e inviti a dedurre» non fanno che servire da tramite per  «trasporre»
l'illegittima  attivita'  di  controllo  in   sede   giurisdizionale,
proseguendo il  tentativo  di  imporre,  strumentalmente  utilizzando
l'ipotizzata responsabilita' dei singoli, quella forma  di  controllo
di merito  che  questa  ecc.ma  Corte  ha  ritenuto  inammissibile  e
contraria al riparto  di  attribuzioni  fissato  dalla  Costituzione.
Proprio la sostanziale identita' tra la (non consentita) attivita' di
controllo e l'iniziativa della Procura rende quest'ultima  lesiva  e,
dunque, suscettibile di conflitto. 
    Sia qui consentito ricordare che proprio la sent. n. 130/2014  ha
richiamato la risalente, ma tuttora valida  affermazione  secondo  la
quale il conflitto di attribuzione si  estende  a  comprendere  «ogni
ipotesi  in  cui  dall'illegittimo  esercizio  di  un  potere  altrui
consegua   la   menomazione   di   una    sfera    di    attribuzioni
costituzionalmente assegnate all 'altro soggetto»  (sentenza  n.  110
del 1970). 
    Nel caso, si tratta della menomazione della sfera di attribuzioni
e di autonomia dei Gruppi consiliari, i quali sono qualificati  dalla
giurisprudenza della Corte (sent. 39/2014) «come organi del consiglio
e proiezioni dei partiti politici in assemblea regionale (sentenze n.
187 del 1990 e  n.  1130  del  1988),  ovvero  come  uffici  comunque
necessari e strumentali alla  formazione  degli  organi  interni  del
consiglio (sentenza n. 1130 del 1988) (sent. n. 39/2014)»: sicche', a
termini di tale giurisprudenza,  la  lesione  delle  prerogative  dei
gruppi si risolve in una «compressione delle competenze  proprie  dei
consigli  regionali  e  quindi  delle  Regioni  ricorrenti,  pertanto
legittimate alla proposizione del  conflitto  (sentenze  n.  252  del
2013, n. 195 del 2007 e n. 163 del 1997)» (sent. n. 130/2014). 
I. Illegittimita' e lesivita' della nota del Presidente della Sezione
di  Controllo   prot.   n.   0003660   del   10   luglio   2013,   di
comunicazione/trasmissione alla Procura  regionale  della  Corte  dei
conti della deliberazione della Sezione di controllo n.  249/2013/FRG
del 10  luglio  2013  e  degli  elenchi  allegati  recanti  le  spese
rendicontate  dai  Gruppi  consiliari  relative  all'esercizio  2012,
dichiarate tutte irregolari. 
    1. Come esposto in narrativa, con l'impugnata nota il  Presidente
della Sezione di controllo  della  Corte  dei  conti  di  Bologna  ha
trasmesso alla Procura regionale della  Corte  dei  conti  «anche  in
relazione alle indagini in corso da parte  di  codesta  Procura»,  la
deliberazione  n.  249/2013,  nonche'  nove  dichiarazioni   di   non
regolarita' in relazione ai rendiconti di tutti i Gruppi consiliari. 
    Con tale trasmissione si realizza, con ogni evidenza, una diretta
interferenza tra le due fondamentali funzioni della Corte dei  conti,
cioe' la funzione di controllo e la funzione giurisdizionale, che per
il  suo  carattere  officioso  include  la  funzione   di   esercizio
dell'azione di responsabilita': sicche', per vero, dovrebbe piuttosto
dirsi che le funzioni attribuite alla Corte dei conti  sono  tre  (di
controllo, di prosecuzione contabile e  giurisdizionale),  e  che  si
realizza una diretta interferenza tra  la  funzione  di  controllo  e
quella di prosecuzione contabile. 
    Si' tratta di un problema delicato, e al tempo  stesso  annoso  e
mai risolto, che  non  ha  mancato  di  attrarre  l'attenzione  della
dottrina  (si  puo'  vedere,  in  particolare,   Francesco   Battini,
Controllo  di  legittimita',  controllo  «collaborativo»   e   azione
inquirente delle Procure,  in  Giornale  di  diritto  amministrativo,
5/2005, p. 521 ss). 
    Come, infatti, puo' realizzarsi un corretto clima di serenita', e
auspicabilmente,  di  reciproca  collaborazione  tra   il   Consiglio
regionale e la Sezione territoriale  di  controllo  della  Corte  dei
conti, ove il Consiglio intraveda in tale organo se non l'avanguardia
e quasi lo strumento anticipato d'indagine della Procura? 
    Come conciliare il dovere di denuncia che incombe sui  funzionari
che, in  ragione  del  proprio  ufficio,  abbiano  notizia  di  gravi
disfunzioni nell'uso del danaro  pubblico,  con  il  ruolo  specifico
dell'organo di  controllo,  chiamato  ad  esercitare  quel  riscontro
«documentale» descritto da codesta ecc.ma Corte costituzionale  nella
sentenza n. 39 del 2014, e ribadito con  riferimento  specifico  alla
ricorrente Regione nella sentenza n. 130/2014? 
    Eppure, su un piano generale,  la  risposta  non  sembra  potersi
discostare  dai  seguenti  principi:  fermo  restando  il  dovere  di
segnalare eventuali specifiche gravi  trasgressioni  di  cui  risulti
documentata notizia, non puo' la finzione e l'attivita' di  controllo
riversarsi direttamente ed integralmente nella  finzione  inquirente,
al fine di tramutarne l'esito nell'esercizio dell'azione contabile di
responsabilita'. 
    A  tale  affermazione  non  osta  neppure  l'eventuale  carattere
pubblico  dell'esito  dell'attivita'  di  controllo:  al   contrario,
proprio tale eventuale carattere rende del tutto superflua la  stessa
trasmissione, e ne rende evidente la sola, inammissibile finalita' di
influenzare l'azione della  Procura  inquirente,  e  con  cio'  anche
l'incompatibilita' con l'esercizio del controllo. 
    Ma proprio cio'  e'  invece  avvenuto  nel  caso  specifico,  con
enfatica  e  mirata  trasmissione  degli  esiti   dell'attivita'   di
controllo,  nella  sua  generalita',  a  disposizione   e   quasi   a
sollecitazione dell'attivita' inquirente. 
    Del resto, la concezione che  vede  nel  controllo  l'antesignano
dell'attivita' inquirente,  ed  il  nesso  di  consequenzialita'  tra
controllo e prosecuzione  sono  stati  resi  espliciti  dallo  stesso
Procuratore  regionale  in  occasione  dell'inaugurazione   dell'Anno
Giudiziario 2014. Si legge, infatti,  nella  sua  relazione  che  «la
introduzione  del  nuovo  istituto,  fondato  sulla   rendicontazione
amministrativa della  spesa,  ha  contribuito  al  rafforzamento  del
raccordo tra la funzione  di  controllo  e  la  funzione  inquirente,
entrambe intestate alla stessa  Corte  dei  conti,  e  ha  consentito
l'immediata attivazione - per l'esercizio finanziario  2012  -  delle
verifiche e dei riscontri contabili, tuttora in corso di  definizione
istruttoria». 
    2. Se i principi sopra  esposti  sul  rapporto  tra  controllo  e
attivita' inquirente valgono sul piano generale, della  lesivita'  ed
arbitrarieta' della nota di trasmissione non puo' dubitarsi nel  caso
specifico, caratterizzato dalla circostanza che la  stessa  attivita'
di controllo e' stata svolta contra legem: da un lato, come attestato
dalla ricordata sentenza n. 130 del 2014, per  avere  tale  controllo
riguardato rendiconti che, in relazione  al  principio  tempus  regit
actum, non vi erano sottoposti, dall'altro  perche'  tale  anticipato
controllo non si e' affatto esercitato  assumendo  a  «parametro,  la
conformita'  del  rendiconto  al  modello  predisposto  in  sede   di
Conferenza»  e  assumendo  carattere  «documentale»,  ma  si  e'   al
contrario addentrato «nel merito delle scelte  discrezionali  rimesse
all'autonomia  politica  dei   gruppi,   nei   limiti   del   mandato
istituzionale»,  trasgredendo  cosi'  il  principio  enunciato  nella
sentenza n. 39/2014. 
    Inoltre, l'irregolarita' delle spese era affermata  in  relazione
al mancato invio da parte dei Gruppi della  documentazione  richiesta
dalla Sezione  di  controllo:  richiesta  evidentemente  essa  stessa
illegittima e priva di fondamento, dato  che  l'intera  procedura  di
controllo non avrebbe dovuto neppure essere iniziata. 
    Non puo' dunque dubitarsi della  arbitrarieta'  e  lesivita',  in
particolare, della trasmissione alla Procura inquirente  degli  esiti
generali  di  un'attivita'  di  controllo  che  non  avrebbe   dovuto
svolgersi, e che se pure avesse dovuto svolgersi non  avrebbe  potuto
assumere i caratteri che ha invece assunto. 
    Risultano, dunque, contraddetti i principi che  debbono  regolare
l'attivita'   di   controllo,   nei    rapporti    con    l'attivita'
giurisdizionale,  quali  deducibili  dall'art.  100  Cost.  e   dalla
legislazione  statale  applicativa,  ivi  compreso  l'art.   l,   del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.174,  convertito  nella  legge  7
dicembre 2012, n. 213, cosi'  come  interpretato  dalla  sentenza  di
codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 130 del 2014. 
II. Lesivita' e arbitrarieta' dell'invio a  tutti  i  capigruppo  del
Consiglio   ed   a   singoli   consiglieri   di   Contestazioni    di
responsabilita' e inviti a dedurre perfettamente corrispondenti  agli
esiti  degli  atti  di  controllo  illegittimamente  assunti  e   poi
annullati da  codesta  Corte  costituzionale,  con  la  sopra  citata
sentenza n. 130/2014, e cio' nonostante presi in considerazione dalla
Procura della Corte  dei  conti  come  fondamento  documentale  della
propria  iniziativa,  a  seguito  della  trasmissione  da  parte  del
Presidente della Sezione di controllo. 
    Come esposto in narrativa, l'invio ai  capigruppo  del  Consiglio
regionale  e   a   singoli   consiglieri   delle   Contestazioni   di
responsabilita' e inviti a dedurre elencati in epigrafe,  costituisce
null'altro che la trasposizione/ribaltamento in  atti  della  Procura
inquirente della delibera di  controllo  illegittimamente  assunta  e
delle schede ad essa allegate. 
    E' infatti sufficiente la  lettura  di  uno  qualunque  tra  tali
Contestazioni per constatare  che  esse  sono  sostanzialmente  tutte
uguali, e che tutte insieme non fanno che scomporre e  ricomporre  le
contestazioni contenute nella deliberazione di controllo annullata da
codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
    Merita, dunque, soffermarsi sulla struttura delle  «Contestazioni
di responsabilita' e inviti a dedurre». Esse constano di cinque punti
e solo a meta' del punto 5  differiscono,  a  partire  dal  capoverso
«Sulla base di tale precisazione metodo logica».  Da  qui,  in  poche
righe, anche queste scritte secondo un identico facsimile, si  spiega
del tutto genericamente quale sia l'imputazione posta  a  carico  del
consigliere  e/o  del  capogruppo:  varia  esclusivamente   il   nome
del/degli interessato/i. L'ipotesi di responsabilita' e' espressa con
una formula che viene anch'essa ripetuta identica in tutti gli inviti
a dedurre: si parla di «effettuazione  di  spese  manifestamente  non
inerenti all'attivita' istituzionale e al  funzionamento  del  gruppo
stesso», aggiungendo che «il vincolo di destinazione...  consente  di
ritenere  illecite,  giuridicamente   illogiche   ed   economicamente
irrazionali, perche' eccedenti i  limiti  del  mandato  istituzionale
attribuito  dall'ordinamento  regionale  ai  gruppi  consiliari,   le
seguenti spese effettuate dal consigliere» - segue il nome - «come da
scheda di riepilogo». 
    Le  schede  suddividono  per  mese  e  per  voci   (taxi,   auto,
autostrada, treno, pasti,  alberghi,  giornali,  eventi,  beni  vari,
spese postali,  affitti  e  bollette,  consulenze  e  contratti)  gli
importi. 
    Eccone un esempio: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Dopo le tabelle, segue: 
        L'affermazione, caratterizzata da  una  eclatante  inversione
dell'onere della prova, dell'inesistenza di «alcun indice  probatorio
di inerenza agli scopi e agli obiettivi» istituzionali,  «trattandosi
di spese che, per loro natura e/o per la loro carente documentazione,
sono palesemente prive di qualsiasi  giustificazione  e  collegamento
con l'attivita' istituzionale del gruppo»; 
        la  prospettazione  del  «dolo  di  gestione»  basata   sulla
«affermazione del  carattere  oggettivamente  indebito»  delle  spese
contestate, a sua volta dedotta dal «profilo  d'intrinseca  manifesta
irragionevolezza» di esse, e motivata sulla base della  «macroscopica
deviazione delle spese stesse, come  sopra  elencate  e  dettagliate»
dalle  finalita'  istituzionali  e  «dalle   esigenze   di   rigorosa
documentazione» richiesta. 
    Anche questa parte e' riprodotta identica in tutte le lettere  di
invito, cambiando solo il nome del destinatario. L'unica  variazione,
piu' formale che sostanziale, corre tra le lettere indirizzate ad  un
unico consigliere, che e' pure capogruppo, e  quelle  indirizzate  al
consigliere e al «suo» capogruppo (il  quale,  per  «la  macroscopica
deviazione dalle  riferite  finalita'  pubblicistiche»,  e'  comunque
solidalmente imputabile per «il  medesimo  titolo  psicologico  (dolo
diretto di gestione)». 
    Come  si  puo'  immediatamente  dedurre,  la  differenziazione  e
l'individuazione  delle   spese   asseritamente   irregolari   e   la
personalizzazione delle responsabilita' individuali sono  interamente
contenute nelle «schede». Ma ogni singola voce di ogni singola scheda
e' a sua  volta  compilata  sulla  base  delle  schede  trasmesse  in
allegato alla deliberazione  della  Sezione  regionale  di  controllo
249/2013/FRG del 10 luglio 2013, trasmessa  nella  stessa  data  alla
Procura: la differenza e' che le schede compilate  dalla  Sezione  di
controllo riportavano tutte le singole voci di  spesa  aggregate  per
Gruppo consigliare, quelle ora compilate dalla Procura sono suddivise
per consigliere/gruppo e aggregate per tipologia di spesa. 
    Poste queste premesse, risulta evidente lo strettissimo rapporto,
per non dire la perfetta identita', che sussiste tra l'operato  della
Sezione di controllo e quello svolto dalla  Procura  regionale  della
Corte  dei  conti.  Benche'   in   apertura   le   Contestazioni   di
responsabilita' e invito a dedurre attribuiscano alla  documentazione
raccolta e trasmessa dalla Sezione di controllo solo la  funzione  di
«integrare» le fonti di  informazione  della  Procura,  nulla,  nella
redazione delle lettere di «invito  a  dedurre»,  lascia  anche  solo
ipotizzare resistenza di ulteriori informazioni  acquisite  da  altre
fonti o da autonome ricerche svolte dall'autorita' inquirente. 
    Le stesse motivazioni addotte  dalla  Procura  per  sostenere  la
«macroscopica deviazione»  delle  spese  contestate  dalle  finalita'
istituzionali    non    fanno    che    meramente    riprodurre    le
annotazioni/contestazioni poste al margine delle singole spese  nelle
schede compilate dalla Sezione di controllo: «difetto  di  inerenza»,
«difetto di documentazione probatoria». 
    Tutto cio' risulta dalla semplice analisi delle tabelle  relative
alle spese contestate,  la  cui  sconcertante  carenza  di  capacita'
descrittiva di fattispecie di responsabilita' trova spiegazione  solo
nel collegamento con l'atto di controllo.  Tutto  cio'  risulta,  con
ancora maggiore evidenza, dalla  lettera  indirizzata  al  Presidente
dell'Assemblea Legislativa  (sulla  cui  specifica  contestazione  si
rinvia al punto IV) «delle somme risultate irregolari per difetto  di
inerenza al mandato istituzionale» effettuate, oltre che dalla stessa
Presidente, da altri due consiglieri. Anche in questo caso  le  spese
giudicate  «non  inerenti»  sono  le  stesse   gia'   evidenziate   e
etichettate  con  «difetto   di   inerenza»   o   con   «difetto   di
documentazione» dalla Sezione regionale di controllo. 
    Le  considerazioni  sopra  esposte  rendono  manifesto  che,  pur
formalmente esercitando la sua  funzione  istituzionale,  la  procura
della  Corte  dei  conti  altro  non   ha   fatto   che   «replicare»
l'illegittima attivita' di controllo. 
    Cio' tanto piu' che, come  gia'  esposto,  l'irregolarita'  delle
spese era affermata in relazione al mancato invio da parte dei Gruppi
della documentazione richiesta dalla Sezione di controllo:  richiesta
evidentemente essa stessa illegittima e priva di fondamento, dato che
l'intera procedura di controllo non  avrebbe  dovuto  neppure  essere
iniziata: sembra, dunque, evidente che essa non poteva essere posta a
fondamento di alcuna iniziativa della Procura. 
    Risultano dunque violati i principi  che  governano  l'iniziativa
processuale della Procura della Corte dei conti. 
III. Lesivita' e arbitrarieta' dell'invio a tutti  i  capigruppo  del
Consiglio e a singoli consiglieri di Contestazioni di responsabilita'
e inviti a dedurre in quanto, replicando le censure svolte nella sede
dell'annullato atto  di  controllo,  invadono  le  scelte  di  merito
riservate all'autonomia del  Consiglio  regionale,  fuoriuscendo  dai
limiti  sia  della  funzione   di   controllo   che   del   sindacato
giurisdizionale. Specifica violazione dell'art.  122,  quarto  comma,
Cost. 
    Replicando l'attivita' di controllo, la Procura regionale  ne  ha
anche  assunto  il  carattere  di  invasivita'  delle  prerogative  e
dell'autonomia del Consiglio regionale e dei  Gruppi  consiliari  che
caratterizzava la prima. 
    Benche'  infatti,  le  Contestazioni  della   Procura   regionale
esprimano un forviale ossequio al  principio  della  insindacabilita'
delle scelte di merito, riservate alla autonomia politica dei Gruppi,
come affermato da codesta ecc.ma Corte  nella  sentenza  n.  39/2014,
l'esame del loro contenuto mostra che, al contrario, la  Procura  non
ha fatto che replicare e  «personalizzare»  il  controllo  di  merito
sull'inerenza delle spese al mandato politico, gia' esercitato  dalla
Sezione regionale di controllo: e lo ha fatto  assumendo  come  fonte
documentale esclusiva i risultati di quel controllo. 
    Cosi' facendo la Procura da un  lato  ha  soltanto  rivestito  di
forme  giurisdizionali  (pur  dall'incerta   natura,   quali   quelle
dell'invito a dedurre) la prosecuzione  dell'attivita'  di  controllo
dichiarata da questa ecc.ma  Corte  condotta  illegittimamente  e  in
violazione  delle  attribuzioni  regionali,  dall'altro  ha  ecceduto
l'ambito del sindacato ad essa consentito. 
    Dato che  il  carattere  soltanto  tipologico  e  numerico  delle
indicazioni contenute nelle Tabelle rendono  non  trasparente  e  non
puntuale  la  contestazione,  si  considerino  in  primo  luogo,  per
praticita', quelle contenute nella gia' citata nota  del  Procuratore
del 9 luglio 2014, n. 5190 (doc. n.  17).  Pur  non  trattandosi  di'
quelle di' cui alle Contestazioni, esse ne  condividono  tuttavia  la
tipologia, provenendo le une e le altre dagli atti di controllo. 
    Orbene, cio' che e' davvero manifesto  e'  che  le  irregolarita'
contestate non si riferiscono affatto a spese che eccedono  i  limiti
dell'attivita' istituzionale, ma a spese che  vi  rientrano,  il  cui
apprezzamento rientra, appunto, nell'autonomia politica dei gruppi. 
    Ci  si  riferisce  infatti,  ad  esempio,  alla  missione  di  un
consigliere  regionale  (per  di  piu',   presidente   dell'Assemblea
Legislativa) per l'inaugurazione (sponsorizzata dalla Regione) di  un
ex edificio scolastico compreso in un parco  dei  colli  modenesi;  o
alla spesa che una consigliera ha fatto per un biglietto di trasporto
pubblico per recarsi, in qualita' di relatore, al Convegno «Le  donne
e il lavoro - Il lavoro delle donne», tenutosi a Brescia. 
    Risulta chiaro che il sindacato su simili  spese  -  simili  alla
stragrande  maggioranza  di  quelle  alle  quali  si  riferiscono  le
Contestazioni di responsabilita' e  inviti  a  dedurre  -  eccede  la
verifica sui limiti del  carattere  istituzionale  delle  spese,  per
entrare nel merito specifico delle scelte discrezionali: il che esula
tanto  dal  potere  di  controllo  quanto  dal  possibile   sindacato
giurisdizionale. 
    In questi termini, accanto alla completa irritualita' dell'uso di
una  illegittima  procedura  di  controllo  come  fondamento  di  una
presunta irregolarita' delle spese, al centro della questione si pone
un ulteriore fondamentale interrogativo: a chi competa il giudizio di
inerenza al mandato politico sulle spese dei Gruppi consiliari. 
    La risposta di codesta  ecc.  Corte  si  era  delineata  gia'  in
passato: pur affermando il principio generale  della  responsabilita'
contabile, la Corte ha  escluso  dal  controllo  contabile  le  spese
«rivolte a fornire all'organo consiliare i mezzi  indispensabili  per
l'esercizio  delle   sue   funzioni»,   purche'   le   stesse   siano
«riconducibili ragionevolmente all'autonomia e alle esigenze ad  essa
sottese» (sent. n. 289/1997) - fermo pero'  restando  che  in  nessun
modo la legge  regionale  potrebbe  estendere  questa  esenzione  per
escludere l'eventuale responsabilita' (sent.  n.  69/1985).  Si  cita
questa eccezione  non  perche'  si  voglia  affermare  che  le  spese
contestate dalla Procura regionale  ricadono  con  certezza  nel  suo
perimetro, ma perche' e' importante la ratio ad essa sottesa. Come la
stessa Corte ha osservato in seguito - pur  con  riferimento  ad  una
fattispecie specifica (sent. n. 392/1999) - l'addebito  rivolto  agli
organi del Consiglio regionale deve essere formulato «in  termini  di
estraneita' o, comunque, di non riconducibilita', alla stregua di  un
criterio   di   ragionevolezza,   dell'autorizzazione   dei    viaggi
all'autonomia  funzionale  del  Consiglio  regionale»   e   non   «su
valutazioni negative in  ordine  all'utilita',  alla  proficuita'  o,
addirittura, alla ricaduta pratica concreta dei suddetti viaggi,  con
apprezzamenti riferibili al  merito  delle  spese  e,  pertanto,  non
idonei  ad  essere  elevati  a  criterio   di   verificazione   della
riconducibilita' o meno delle spese stesse al suddetto  principio  di
autonomia», tutelato in  particolare  dall'art.  122,  quarto  comma,
della costituzione e dalla ratio ad esso sottesa. 
    Tale sentenza ha annullato un atto  di  citazione  della  Procura
Regionale della Corte dei conti rivolto al Presidente  del  Consiglio
della Regione  Lombardia,  per  ragioni  sostanzialmente  analoghe  a
quelle  invocate  nel  presente   ricorso.   Recentissimamente,   con
specifico riferimento alle  competenze  della  Corte  dei  conti  nel
controllo sui rendiconti dei Gruppi consiliari (introdotte  dall'art.
1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012,  n.  174,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  7
dicembre 2012, n. 213), la sent. n. 130/2014, sulla base delle  linee
gia' tracciate dalla gia' piu' volte ricordata sent. n.  39/2014,  ha
stabilito che  «il  rendiconto  delle  spese  dei  gruppi  consiliari
costituisce parte necessaria del rendiconto regionale,  nella  misura
in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle  restituite  devono
essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale [...].  Il
sindacato della Corte dei conti assume infatti,  come  parametro,  la
conformita'  del  rendiconto  al  modello  predisposto  in  sede   di
Conferenza,  e  deve  pertanto  ritenersi  documentale,  non  potendo
addentrarsi   nel   merito   delle   scelte   discrezionali   rimesse
all'autonomia  politica  dei   gruppi,   nei   limiti   del   mandato
istituzionale». Questa giurisprudenza e' cosi' chiara e  precisa  che
avrebbe  dovuto  far  desistere   la   Procura   dal   dare   seguito
all'attivita' svolta dalla Sezione regionale  di  controllo,  proprio
quella che, per iniziativa della ricorrente Regione, ha provocato  la
sent. n. 130 e da questa e' stata annullata. 
    Si noti che  le  impugnate  Contestazioni  di  responsabilita'  e
inviti a dedurre non ignorano affatto la giurisprudenza citata, ma la
prendono in considerazione  proprio  alla  fine  della  «precisazione
metodologica»: tuttavia, lo fanno citando solo la  frase  finale  del
passo riportato  poco  sopra  («rimesse  all'autonomia  politica  dei
gruppi, nei limiti del mandato istituzionale») separandolo dal resto,
e  deducendone  che  «la  cognizione   istruttoria   riservata   alla
giurisdizione della Corte  dei  conti  non  puo'  essere  negata  sui
profili di gestione della spesa viziati da eccedenza e/o non inerenza
al mandato  istituzionale,  contraddistinto  da  specifici  contenuti
normativi, posti a presidio e a garanzia della natura  e  dei  limiti
della funzione rappresentativa (arg. ex Corte cost. n. 39  e  n.  130
del 2014)». Inoltre, come detto sopra,  anche  il  parziale  ossequio
prestato alla giurisprudenza di codesta Corte  e'  poi  smentito  dal
contenuto effettivo degli atti. E' evidente che qui siamo  di  fronte
ad un sostanziale fraintendimento del significato delle  pronunce  di
codesta  ecc.ma  Corte:   questa   «lettura»   della   giurisprudenza
costituzionale persegue la  restaurazione  del  controllo  di  merito
sulle spese dei Gruppi  consiliari,  fondandosi  su  un  concetto  di
inerenza  che  questa  Corte  ha   ritenuto   lesivo   dell'autonomia
regionale. 
    In conclusione, risulta  chiara  -  ad  avviso  della  ricorrente
Regione - la violazione dei limiti  che  definiscono  l'ambito  della
giurisdizione  della  Corte  dei   conti.   Se   in   generale   alla
giurisdizione contabile e' precluso l'esame del merito  delle  scelte
degli  organi  amministrativi,  e'  evidente  che  tale   limitazione
acquista una peculiare estensione in relazione alle scelte  riservate
al Consiglio regionale ed  ai  suoi  organi,  ed  in  particolare  ai
consiglieri,   ai   quali    la    stessa    Costituzione    assicura
l'insindacabilita' per i voti dati e le opinioni espresse, secondo la
dizione dell'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  che  risulta  dunque
anch'esso specificamente violato. D'altronde, le funzioni dei  Gruppi
consiliari sono  strumentali  all'intera  gamma  delle  funzioni  del
Consiglio,  ivi  compresa  la  funzione  legislativa  e  partecipano,
dunque, delle garanzie ad essa riservate (v. sent. di codesta  ecc.ma
Corte n. 209 del 1994). 
IV. Lesivita' e arbitrarieta' della nota  del  Procuratore  Regionale
presso la Sezione Giurisdizionale della  Corte  dei  conti  datata  9
luglio 2014, n. 5190. Come sopra esposto, con la nota datata 9 luglio
2014,  n.  5190  il   Procuratore   Regionale   presso   la   Sezione
Giurisdizionale della Corte dei conti  ha  «invitato»  la  Presidente
dell'Assemblea Legislativa a provvedere  al  recupero  amministrativo
delle somme ritenute irregolari per asserito difetto di  inerenza  al
mandato istituzionale, riferite ai consiglieri  Palma  Costi,  Monica
Donini e Giuseppe Paruolo. 
    Ha proceduto a tale informale invito in quanto,  per  sua  stessa
dichiarazione risulterebbe  «diseconomica»  qualsiasi  iniziativa  di
natura processuale. 
    Non  si  comprende  pero'  per   quale   ragione   il   carattere
diseconomico  di  iniziative  processuali   dovrebbe   obbligare   il
Presidente dell'Assemblea al recupero di somme relative  a  spese  la
cui irregolarita' non e' accertata da alcuno (mentre al contrario  ne
e' stata  attestata  la  regolarita'  nelle  procedure  di  controllo
previste  dalla  l.r.  n.  32/1997),  e  dovrebbe   costringere   gli
interessati  ad  intraprendere  essi  le  «diseconomiche»  iniziative
processuali, ove volessero contestare la fondatezza del recupero. 
    Nel quadro di questo conflitto, tuttavia, bastera' osservare  che
la singolare iniziativa del Procuratore non risulta avere  fondamento
alcuno nella Costituzione e, in  particolare,  nell'art.  103,  comma
secondo,  ma  neppure  nell'art.  100,  comma  secondo,   ne'   nella
legislazione,   e   neppure   corrispondere   ad   alcuna   specifica
attribuzione inerente alla competenza della Procura  Regionale  della
Corte dei  conti:  e  costituisce  pertanto  un'ingerenza  del  tutto
ingiustificata   sull'attivita'   e   sull'autonomia   degli   organi
regionali.